RE è una nota, una carica regale e certe volte anche le ultime due lettere di un verbo all’infinito; dipende dalla giornata. Dipende sempre da qualcosa, anche per quanto riguarda lo spazio. Quando mi chiedono di dove io sia, potrei avere sempre risposte diverse e ciò mi diverte parecchio.
Tuttavia, la risposta che ci si aspetta riguarda sempre un luogo definito, un posto che esista. Perciò, anche per tagliare corto, dico Milazzo in provincia di Messina.
Questo è il posto in cui ho trascorso la maggior parte del mio tempo negli ultimi anni; la mia base operativa, dove lavorare indisturbata. Quando ne sento l’esigenza, però, amo spostarmi volentieri.
È un po’ difficile da spiegare. Non è una di quelle passioni che decidiamo, per qualsiasi nostra esigenza, di coltivare. Dico così per meglio spiegare “qualcosa” che credo di aver sempre avuto, o meglio, conosciuto. Diciamo che per mia natura, sin da piccola, amavo farmi circondare da atmosfere che creavo spesso per me; mondi, storie e persone inventate. Tuttavia, ero già a conoscenza della “realtà” e sapevo che la fantasia era solo un diversivo. Crescendo, poi, la mia idea di arte si è mutata in sinonimo di libertà.
Se dovessi scegliere un supporto sul quale intervenire vorrei trovare un tavolo tondo o una finestra, di quelle piccole che stanno sugli abbaini. Solo quando non ho alternative uso tele bianche o supporti che definisco “vergini”. Ho la predilezione verso le superfici vecchie: ante, tavoli, finestre. Le preferisco perché il loro vissuto mi suggerisce una continuità narrativa e mi permette di contribuire a una prossima storia.
Tuttavia, mi lascio influenzare volentieri da agenti esterni come la musica, qualche lettura, qualcosa che ha colpito particolarmente la mia curiosità. Oppure mi lascio ispirare da reminiscenze, da posti immaginati. Il processo però è lento. Passo molto tempo ad osservarla, l’opera, poiché amo interpretare ogni processo fisico e chimico in cui reagisce. Il contesto specifico, però, resta solo uno: la natura, il fiume che scorre e la potenza dei venti, la neve e gli abissi inesplorati. Non le considero semplici tematiche paesaggistiche, per me sono similitudini delle emozioni che a loro volta narrano qualcosa.
Il vero problema dell’artista sta nel rendersi conto di quando fermarsi per non danneggiare il risultato dell’atto creativo per non renderlo inconcludente. Col tempo mi sono resa conto che bisogna necessariamente rispettare dei tempi nella realizzazione di un’opera e questi tempi sono fatti più di pause che di movimento. Queste pause per me sono solenni e le metto in pratica tutte le volte in cui mi sento sulla strada giusta. Così mi fermo e metto le opere da parte cercando di dimenticarle; dopo qualche mese le riprendo, le appendo e le osservo con occhi diversi e così scopro finalmente la chiave per completarle. Tuttavia non mi dispiaccio più di tanto quelle volte in cui capita di non riuscire a frenarmi, perché ogni tanto è necessario “vedere cosa accade”. Se poi finisce in catastrofe non è un problema, l’arte è passata davanti ai miei occhi, in fin dei conti l’opera è solo il testimone.
Considero la musica elemento fondamentale della creatività. Mi diverte parecchio tradurre musiche in visioni, soprattutto le composizioni classiche. Vedere la musica. Per Leonardo da Vinci la pittura era considerata “figurazione delle cose visibili”, e la musica rappresentava la “figurazione delle cose invisibili”. Siamo sempre circondati dal visibile e dall’invisibile e, come la musica, l’invisibile si sente ma non si vede.
Posso giustificare il mio mancato senso di appartenenza al “territorio siciliano” semplicemente perché non mi pongo un confine che definisca un’appartenenza e allo stesso modo anche per i luoghi che possano influenzare il mio lavoro. Probabilmente è stata l’influenza teutonica di mia madre a caratterizzare questo mio modo differente di concepire ed osservare le cose. Tuttavia se dovessero chiedermi se sono più tedesca o siciliana non saprei cosa rispondere, poiché non mi sento né l’una né l’altra. Credo che questo mio “distacco” non riguardi semplicemente ciò che apparentemente può mostrarsi come un rifiuto, in realtà ho solo una visione differente del luogo. Potrei anche creare altrove ma la mia ispirazione non è localizzata o influenzata dal posto in cui vivo, a meno che non coincida con i miei “paesaggi ideali”.
Credo di non avere ancora un lavoro di cui vado fiera, quindi probabilmente sarà qualcosa di grandioso che ancora devo fare e ciò mi incuriosisce parecchio. Invece sono fiera di alcune piccole scoperte che ho fatto durante alcuni dei miei esperimenti.
La mia personale rivisitazione del reverse on glass (pittura su vetro) è l’esperimento di cui vado più fiera. Ho modificato l’uso della materia pittorica inserendo elementi naturali uniti alla colla vinilica su vetri e finestre.
La colla vinilica è l’ingrediente che utilizzo più spesso e col tempo ho acquisito una discreta padronanza delle sue applicazioni. Dall’utilizzo sui miei reverse on glass a installazioni vere e proprie, come “Di chi sono gli occhi che guardano?” e “Hortus Conclusus”. La prima è un grande stendardo a due facce composto da elementi organici e bigiotteria, (realizzata in occasione della mia omonima mostra personale a Roma negli spazi di Fondamenta Gallery della rivista Inside Art a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci). La seconda è una tenda leggera e trasparente composta da foglie, polvere e fiori, (realizzata in occasione di un’altra mia mostra personale negli spazi di Facto a Montelupo Fiorentino (FI), curata anch’essa da G.E.L.).
Particolare motivo di orgoglio sono gli esperimenti fatti anche con il vino, un ingrediente che mi suscita particolare interesse. La prima volta l’ho usato in occasione di una residenza artistica (“Materia Prima” a cura di G.E.L, Tenuta di Ceppaiano in provincia di Pisa) in cui sono stata invitata qualche anno fa. Avendo a disposizione una scorta illimitata di vino, sia per quantitativo che per tipologia, mi sono trovata a indagare sulle possibilità con cui potevo intervenire attraverso questo ingrediente.
In quell’occasione sono riuscita a bloccare il colore del vino nel suo stato liquido e mutarlo in solido, bloccando la sua evaporazione attraverso l’uso della colla vinilica e realizzando vari “pantoni” di diverse tipologie. Dopo aver ottenuto il risultato sperato ho applicato l’esperimento su una finestra che adesso è parte della collezione della proprietà della tenuta. Recentemente ho utilizzato il vino anche per corrodere metalli, come l’ottone, scaturendo diverse combinazioni e soddisfacenti risultati.
Non credo di avere la capacità di valutare la situazione del settore artistico siciliano però posso dire che l’arte in Sicilia è viva e noto una grande volontà di affermare le potenzialità artistiche del territorio. Gli artisti siciliani posseggono una certa sensibilità, sia per il modo in cui si esprimono che per le tematiche che affrontano. Esistono anche tante realtà volte alla sensibilizzazione all’arte contemporanea e non. Tuttavia, dopo aver espresso questo parere senza dubbio a favore dell’arte in Sicilia, ci si aspetta il “ma”. È giusto anche considerare alcune penalità che gravano sull’ambiente artistico, a prescindere dalla necessità di un maggiore riguardo verso la cultura stessa, credo che sia importante migliorare le vie di comunicazione con il mondo. L’arte prima di tutto è un tentativo di comunicazione e di dialogo. È indispensabile alimentare un canale che crei movimento, interscambio, utile per ampliare lo sguardo dell’artista e di conseguenza per chi promuove l’arte e per chi semplicemente la ama.
A prescindere da questo particolare periodo, in cui viene difficile un po’ a tutti programmare o fare un prospetto per il proprio futuro, preferisco come sempre lasciare che le cose accadano; è una delle basi di pensiero che ho coltivato anche attraverso le mie esperienze. Premeditare serve a poco, è il creare solo per creare che possiede una visione finale di meraviglia.
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