Chi sei?
Ciao 🙂 sono Nerina Toci. Non sono ciò che penso di essere, sono perché esisto. Non mi definisco né una fotografa né un’artista. Ma una donna che sente l’esigenza di esprimersi.
Dove vivi?
Vivo nei miei pensieri, nella costante commozione. Tra una città e un’altra (prima del COVID-19). Sono alla ricerca di una viva vegetazione. Negli ultimi anni mi sento molto vicina alla natura, al verde. Sant’Agata Militello è sempre stata la base.
Cos’è il mezzo fotografico per te?
È un punto di partenza. È un contenitore nel quale si posa la rappresentazione delle emozioni, delle idee, e dà forma alla parte interna irraggiungibile.
Spesso nei tuoi scatti si potrebbe pensare a realtà e ambienti soprannaturali, situazioni oniriche. Questa scelta di stile per te è un’evasione dalla realtà?
No, non si tratta più di evasione. Nel progetto di qualche anno fa il mio sguardo veniva condizionato dai sogni, il tentativo era quello di riprodurre i ricordi o ciò che rimaneva dei ricordi. Il punto focale era l’indagine sulla mia identità. Ad oggi il mio tentativo è di catturare la struttura dell’identità universale e la domanda che mi pongo è se esiste il reale, e che cos’è il reale.
Il modello femminile, è per te una sorta di alter-ego per indagare te stessa?
Non indago più me stessa. Nelle mie fotografie ci sono tracce di presenze umane, di donne per lo più, perché la donna mi affascina mentalmente.
Qual è il lavoro fotografico di cui vai più fiera?
Non vado mai fiera del mio lavoro, sento sempre il bisogno di fare di più.
Dato il proliferarsi delle nuove tecnologie, pensi che in futuro le persona avranno sempre bisogno di professionisti della fotografia? E perché?
Il mondo è invaso dalle immagini, non credo serva tutto questo, abbiamo bisogno di verità, di concretezza.