Mi chiamo Federico Severino e sono un pittore.
Sono nato in provincia di Milano da genitori siciliani. All’età di dodici anni io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in Sicilia. A quell’età ero troppo piccolo ed ingenuo per capire che saremmo andati a vivere in una terra magnifica, ricca, rigogliosa e magmatica dove lo scroscio del mare diventa melodia.
Dove vivi?
Vivo e lavoro tra Catania e Torino perché da qualche anno insegno arte e immagine nelle scuole.
Come è iniziata questa passione?
Dobbiamo fare un grande passo indietro. Nel lontano 2009 frequentavo da studente l’ultimo anno presso i meravigliosi e scenografici spazi settecenteschi dell’Istituto Statale d’Arte di Catania. Negli ultimi due anni prima del diploma, con convinzione, ho realizzato di voler includere nella mia vita solo una cosa: l’Arte. La passione che avevo e che alimento ancora oggi è la stessa; forse è cambiata l’intensità. I successivi anni accademici sono stati anni di formazione, di crescita e di intenso confronto formativo tra giovani accademici, tutti alla ricerca del proprio linguaggio. Per tutti e tre anni accademici ho avuto la fortuna di apprendere molto dagli insegnamenti di due maestri noti nel panorama artistico italiano e non solo, come Piero Zuccaro e Giuseppe Puglisi, miei maestri e pittori del gruppo di Scicli. Ancora oggi li ringrazio per ciò che hanno fatto. Con i loro insegnamenti, mi hanno guidato alla ricerca di nuove sensibilità percettive ed al saper “osservare” con occhio critico la realtà tangibile.
Visioni monocromatiche che toccano le profondità dell’animo umano. Delicatezze che incantano lo sguardo dell’osservatore. Quanta importanza esercita il colore sul tuo lavoro?
La risposta è molto semplice quanto complessa. Per me il colore nei miei dipinti è il principale mezzo comunicativo, generato da una materia pastosa stratificata. Non imposto mai un disegno preparatorio. Preferisco aggredire la tela senza costruire a tavolino l’immagine.
La materia, che adopero ormai da parecchi anni nei miei dipinti, è il pastello ad olio, materia pigmentosa e densa.
Nel mio linguaggio pittorico utilizzo più tinte contemporaneamente e lavoro per addizione cromatica sovrapponendo, con piccoli tocchi, la materia viva del pastello. Sono conscio del fatto che senza l’utilizzo del colore farei dipinti acromatici e privi di anima. Il colore è il cuore pulsante del mio lavoro, è sinfonia. La mano e il suo repentino movimento ritmato dettano i tempi di tessitura dell’immagine. Il calore della mano accelera il processo di dispersione del pigmento che si aggrappa tra la trama e l’ordito della tela.
Guardando le tue opere sembra che rappresentino uno spazio interiore che non ha bisogno di essere delineato, lontano dall’essere vincolato da prospettive definite. La tua azione sembra quasi necessaria ad un libero ripensamento dello sguardo. Cosa ne pensi?
Interessante questa domanda. È la verità. Ricerco proprio quel senso di libertà e spazialità immaginativa. In questi ampi spazi descrivo luoghi di esperienze interiori, ampi segmenti rappresentativi slegati da ogni riferimento visivo. Invito al viaggio ed alla contemplazione intima ed immersiva dei miei paesaggi. Penso che nei miei dipinti di medio grande formato avverta un graduale cambiamento scandito dal susseguirsi di nuovi gradienti cromatici che sedimentano e si interpongono cosi da formare più livelli percettivi senza più delimitare o limitare l’osservatore con la necessità di compiere un’esperienza di contemplazione.
Che influenza ha il territorio sul tuo lavoro?
Ha una fortissima influenza. Sin da bambino sono stato sempre attratto dai viaggi in auto o in treno. Ho sempre amato viaggiare lato finestrino alla ricerca del “nuovo”, curioso di immaginare cosa avrei visto qualche kilometro più in là. Questa abitudine non è andata perduta. Oggi compio lo stesso identico processo ma attraverso il camminare.
Nutro dentro me quel bisogno di camminare come fonte primaria di dialogo e di conoscenza. Attraversare lo spazio rappresenta una necessità e nel tempo genera quella capacità di saper abitare un luogo. Per anni ho indagato il territorio ed ancora oggi continuo a farlo.
Qual è il lavoro di cui vai più fiero?
Non saprei. Sono legato a tutti perché frutto di studio e di intensa ricerca. Ad oggi devo pensarci un po’, mi viene difficile esprimere quello di cui ne vado più fiero. Forse il prossimo che farò anche se non sai mai se si rivelerà come tu lo immagini. Solitamente mi capita di realizzare sempre piccoli studi o bozzetti preparatori.
Forse da quelli, puoi immaginare come sarà, non hai la certezza ma conservi sempre quella forte spinta creativa e immaginativa che ti accompagnerà fino alla fine.
Come valuti la situazione in Sicilia riguardo al settore artistico?
Credo che negli ultimi anni sia stato fatto un grande passo avanti. Mi piace il clima di reciprocità che si respira tra autori ed operatori del territorio. Sicuramente negli anni ho potuto notare molti cambiamenti e posso confermare che la situazione è migliorata anche se a mio parere troppo discontinua. A livello produttivo vedo moltissime cose buone. Forse delle volte mi viene da pensare che mancano spazi e strutture nuove pronte ad accogliere progetti freschi ed innovativi per essere mostrati anche fuori dall’isola. Sicuramente non farebbe male una maggiore attenzione e sensibilità da parte delle istituzioni che, in maniera superficiale e poco stimolante, valorizzano e supportano i giovani autori del territorio. Apprezzo moltissimo il lavoro di giovani galleristi che con coraggio, determinazione e tanta energia si fanno sentire. La strada è lunga e tortuosa ma sono sicuro che si ritornerà a vivere momenti migliori.
Cosa prospetti per la tua arte?
Non credo di averci pensato più di tanto. La cosa più importante è il lavoro. Devo continuare a lavorare con dedizione, costanza e purezza di linguaggio. È un percorso lento, tortuoso, ma al tempo stesso avvincente e nonostante tutto in questi anni ho ricevuto grossi riconoscimenti, importanti apprezzamenti da parte di collezionisti italiani ed esteri, tecnici del settore ed ho ancora progetti da portare avanti.
Ho intenzione di continuare cosi. Non posso fare altro che continuare.